La V sez. Cass. pen., con la sent. n. 47135 dell’ottobre 2022, ha superato un’impasse di difficile risoluzione, pronunciandosi sulla configurabilità del reato di stalking, qualora le condotte realizzate dal perseguitante non sortiscano effetti “estremi” sulla vita della vittima.

Nel caso di specie, il giudice di legittimità si misurava con una “doppia conforme”: i giudici di merito avevano riconosciuto la responsabilità penale di una donna che – con condotte reiterate – aveva minacciato, molestato e perfino cagionato lesioni personali all’ex marito ed alla sua nuova compagna, non accettando la relazione intercorrente tra i medesimi. Come se non bastasse, l’imputata si era presentata sovente presso l’abitazione dell’ex marito, attuando condotte offensive dinanzi ai figli minori.

Nonostante il reato ex art. 612 bis c.p. appaia – ictu oculi – integrato, il difensore dell’imputata ricorre per cassazione, “aggrappandosi” ad una giurisprudenza ondivaga; sostiene che le condotte tenute dalla sua assistita non abbiano inciso in modo “estremo” sull’esistenza delle persone offese. L’ex marito e la nuova compagna, infatti, non hanno interrotto la loro relazione e non vi sono altre prove concrete circa una significativa alterazione delle loro abitudini di vita.

Mediante un puntuale iter logico-argomentativo, il Supremo Consesso evidenzia come sia irrilevante il fatto che la condotta tenuta dalla donna non abbia provocato la rottura del legame tra l’ex marito e la nuova partner.

Di conseguenza, non essendo possibile ridimensionare la condotta tenuta dall’imputata, ne viene confermata la condanna a dieci mesi di reclusione, ai sensi dell’art. 612 bis c.p., in forza di almeno due ragioni:

  • è innegabile lo stato di ansia e paura in cui si sono venute a trovare le persone offese, alla luce del ripetersi ossessivo delle molestie, sfociate persino in “incursioni” destabilizzanti in casa della vittima;
  • è evidente l’humus di cui si è nutrita la condotta persecutoria della donna, vale a dire la mancata accettazione della nuova relazione intrapresa dall’ex marito e la forte conflittualità circa la gestione della vita dei loro figli minori.

Per concludere: nulla quaestio nel ritenere che “l’evento tipico del cambiamento delle abitudini di vita della persona offesa possa essere anche transitorio, ma non occasionale”, come era stato già ripetutamente chiarito dal Supremo collegio. Tale circostanza, nondimeno, sussiste anche nel caso preso in esame: si è indubbiamente verificata una sensibile e qualitativamente apprezzabile costrizione delle abitudini quotidiane di vita delle vittime. Sebbene si sia trattato di cambiamenti transitori – i quali non si sono imposti come irreversibili od “estremi” – tuttavia non si può ritenere che siano stati meramente occasionali, in quanto hanno comunque comportato un significativo e duraturo mutamento nell’esistenza delle due persone offese.

 

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